L'idea di perdere un arto non mi aveva sfiorato, mai, neanche nel
momento dell'incidente, quando vidi le mie gambe dilaniate
dall'impatto.
Ricordo distintamente cosa pensai quando
caddi, ovvero due cose:
Ecco cosa si prova a rompersi qualcosa (non mi ero mai rotta nulla nella vita)
Okay, sono rotta, ma tanto mi aggiusto.
Ignorando la
gravità dell'evento non volevo neanche avvertire la mia famiglia,
per non farli preoccupare.
Decisi di farli
avvisare quando, arrivata di corsa in ps, mi dissero dell'anestesia
generale (anche quella mai fatta prima, poi nel giro di 5 anni ne
avrei fatte 21, ma questa è un'altra storia).
Questa
(beata) ignoranza mi ha accompagnato in questi anni, in cui neanche
dopo due sepsi e molti problemi avevo mai pensato di tagliarmi la
gamba.
"Io pensavo che guarivo" dico sempre.
Ma, non sempre
si guarisce...
E quando capita proprio a te che non guarisci, allora le sensazioni e i pensieri diventano strani a volte.
Personalmente
ho provato:
Senso di
colpa, “perché non ho un corpo abbastanza
forte?”
Rabbia, "perché è
successo proprio a me? Io ho già sofferto
tanto!"
Ma soprattutto
Paura.
Penso che la
paura sia stata la sensazione più terribile provata nel pre e post
amputazione,
una sensazione così forte che mi sembrava di impazzire.
La mia testa mi
diceva che non era possibile, che non potevo farmi tagliare un
piede.
L'ansia diventava così forte da diventare fisica,
da entrarmi nel corpo e mandarlo in tilt.
Il giorno
dell'amputazione è stato uno dei giorni più difficili della mia
vita.
I medici mi hanno dovuto sedare che non riuscivo a star
ferma, tanto ero agitata.
Durante la
totale sognavo di essere al mare.
Quando mi sono svegliata e mi sono resa conto ho cominciato a urlare come una matta
e passato il momento di agitazione sono stata tre giorni in silenzio,
a dormicchiare,
senza rispondere a
nessuno.
Poi, il quarto giorno, mi sono svegliata di buon
umore e ho cominciato a far riabilitazione...
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